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  Lombalgia: linee-guida europee

Intervista a Gustavo Zanoli (Università degli Studi di Ferrara)

Epidemiologia della lombalgia. Qual è la situazione italiana?

Nei paesi industrializzati il mal di schiena è una patologia molto frequente nella popolazione adulta, soprattutto giovane; infatti, la sua incidenza annuale è massima fra la terza e la quinta decade. Più del 70-90% delle persone avrà almeno un episodio di mal di schiena durante la vita. Ogni anno, il 15-45% degli adulti soffre di dolore lombare e una persona su venti si presenta con un nuovo episodio. Insieme al raffreddore comune, il mal di schiena è la ragione più comune di visita al medico di base. I dolori lombari inoltre costituiscono una delle principali cause di assenza dal lavoro e di richieste di visite mediche e indagini diagnostiche. Si stima che i costi sanitari diretti per mal di schiena negli Stati Uniti siano di almeno 20 miliardi di dollari. Le spese indirette, quali le indennità per malattia e le ore perse dal lavoro, potrebbero aumentare significativamente il costo globale.
Secondo i dati della Relazione sullo stato sanitario del Paese del Ministero della Sanità del 2000, in Italia, colpisce durante la vita circa l’80% della popolazione. Esistono poi dati relativi alla Regione Emilia Romagna che riguardano i ricoveri ordinari: negli anni 1994, 1995, 1996, 1997 e 1998, il ricovero DRG 243 (DRG medico – Disturbi del dorso) compare fra le prime dieci cause di ricovero, se si considera la popolazione generale (Linee guida cliniche per la diagnostica e la terapia della lombalgia acuta e cronica, Regione Emila Romagna, 2000).
Dati più aggiornati emergono dalle recenti linee-guida sull’ernia del disco, che però rappresenta solo una delle possibili cause di mal di schiena, e a differenza della lombalgia aspecifica  – che resta soprattutto una diagnosi di esclusione – rappresenta una entità clinica ben definita e come tale viene spesso affrontata separatamente. L’indagine ISTAT sullo stato di salute in Italia segnala che l’8,2% della popolazione ha riferito nel 1999 di essere affetto da lombosciatalgia (7,3% maschi e 9,3% femmine).

In Italia vengono effettuati ogni anno circa 30.000 interventi chirurgici per ernia del disco lombare che corrispondono ad un tasso medio nazionale pari a 5,1 interventi ogni 10.000 persone. Sembrano numeri altissimi?

Sono state descritte variazioni internazionali molto ampie dei tassi di intervento chirurgico per ernia del disco lombare risalenti agli anni ottanta: da 10 per 100.000 in Gran Bretagna a più di 100 per 100.000 negli USA, per cui l’Italia è nella media. Negli USA, dal 1979 al 1990, è stato anche osservato un aumento del 33% dei tassi di chirurgia della colonna lombare, che oscillano ampiamente tra i vari stati federali. A differenza di quanto noto per altre procedure chirurgiche, gli esiti del trattamento nei pazienti operati dai chirurghi nelle aree caratterizzate da tassi di intervento più bassi sono risultati significativamente migliori che nei pazienti delle aree con tassi elevati. La spiegazione va ricercata non tanto nell’imperizia di chirurghi "faciloni" o "aggressivi", quanto piuttosto nell’eccessiva indicazione all’intervento che porta a operare anche persone che non possono giovarsene.

Quando è necessario ricorrere alla chirurgia, quali sono i sintomi da tenere sotto controllo?

Se parliamo di diagnosi specifiche come ernia del disco, stenosi vertebrale, e quindi di mal di schiena associato a dolori irradiati lungo il decorso dei nervi degli arti inferiori, l’indicazione chirurgica, pur non essendo quasi mai una prima scelta o un’urgenza, rimane un’alternativa possibile dopo 6-12 settimane di sintomi che non migliorano in altro modo. Il miglioramento delle tecniche conservative dovrebbe portare a una ulteriore riduzione degli interventi. Diverso il discorso per la lombalgia aspecifica, senza sintomi irradiati, che non ha una vera diagnosi e per la quale non esiste una spiegazione fisiopatologia universalmente accettata sui benefici di un intervento chirurgico. In questi casi il trattamento chirurgico rappresenta più o meno un’ultima spiaggia, nei casi cronici, dopo il fallimento di 1 o 2 anni di terapie adeguate agli standard internazionali.
È in questo campo che si sta verificando un vero e proprio "boom" di interventi, sull’onda di una "moda" statunitense. In effetti in pazienti molto ben selezionati alcuni studi internazionali mostrano qualche risultato rispetto ai gruppi di controllo, anche se il beneficio non supera quello delle più moderne tecniche multidisciplinari (per altro non facilmente reperibili in Italia). Vi è il sospetto tuttavia che anche in Italia si stia cominciando a estendere eccessivamente l’indicazione chirurgica, come testimonia il crescente riscontro di Failed Back Sindrome (in pratica pazienti che continuano a stare male anche dopo l’intervento).

Quali sono le alternative più conservative disponibili, e qual è la loro efficacia nel trattamento del mal di schiena?

L’elenco sarebbe lunghissimo e chi è interessato può consultare le linee-guida in inglese scaricabili dal sito Backpain Europe: si va dal semplice intervento educativo/informativo a tecniche che richiedono una preparazione specifica (terapia manuale, esercizi), fino ai recenti approcci multidisciplinari che si sono evoluti a partire dall’esperienza, quasi sempre positiva, delle Back School. Tra le curiosità possiamo citare la neuroreflessoterapia, una tecnica parzialmente invasiva inventata in Spagna e per il momento studiata e praticata soltanto lì, che sembra dare ottimi risultati nel controllo del dolore per almeno 6 12 mesi. Da noi comunque non è ancora disponibile, e anche negli altri paesi europei viene vista a volte con un po' di scetticismo (forse ingiustificato).

Le linee- guida europee per la lombalgia, l'apposito gruppo di lavoro COST action B13: quali gli obiettivi e quali gli elementi distintivi?

Lo stimolo alla formazione di un apposito gruppo di lavoro parte dal riconoscimento dell’importanza socio-economica oltre che scientifico-sanitaria del mal di schiena, e della necessità di aumentare la conformità nel trattamento nei diversi paesi europei. Essendo ormai le evidenze scientifiche un patrimonio pubblico a libera circolazione internazionale, la partecipazione di esperti di diverse nazioni e diverse discipline è servita ad assicurare il raggiungimento dei principali obiettivi:
  • sviluppare linee-guida europee per la prevenzione, la diagnosi e il trattamento del mal di schiena aspecifico.
  • Assicurare un approccio evidence-based attraverso l’uso di revisioni sistematiche e linee guida già esistenti.
  • Rendere possibile un approccio multidisciplinare, stimolando una collaborazione tra i diversi soggetti che forniscono assistenza e promuovendo l’uniformità di trattamento tra professionisti e paesi diversi.
  • Promuovere l’implementazione di queste linee-guida in Europa.

Tra le novità nell'approccio metodologico, la costituzione di tre gruppi di lavoro: mal di schiena acuto, cronico, e prevenzione. Perché questa distinzione?
Da un punto di vista clinico-prognostico, trattandosi di una non diagnosi o di una diagnosi per esclusione un mal di schiena aspecifico acuto (quasi sempre risolto nel giro di 3-7 giorni), presenta delle grosse differenze rispetto a uno cronico (invalidante per 3 mesi e oltre). Anche da un punto di vista epidemiologico, il mal di schiena acuto è tipicamente quel sintomo molto frequente identificato come una delle prime cause di visita medica, mentre quello cronico si presenta in una piccola percentuale di pazienti, anche se contribuisce moltissimo ai costi sulla società. Ecco quindi la necessità di separare nelle ricerche cliniche queste tipologie di pazienti con prospettive prognostiche e terapeutiche diverse, e di occuparsi anche di prevenzione primaria e secondaria, per prevenire la disabilità futura.

Da una parte la sintesi delle evidenze dall'altra le raccomandazioni. Come mai?
Questo è forse l’aspetto aspetto metodologico più interessante, e più utile per i possibili fruitori: si è voluto esporre la sintesi delle evidenze in maniera più neutra possibile, separandola dalle raccomandazioni dove invece è intervenuto in un certo qual modo il giudizio del panel. In questo modo il lettore più attento può sempre risalire alla fonte e farsi un’idea personale, senza togliere al lettore frettoloso la possibilità di una risposta rapida e autorevole. Inoltre, poiché le linee guida europee infatti dovranno essere la base di future linee guida nazionali o di futuri aggiornamenti di linee guida già esistenti, la sintesi delle evidenze potrà essere riutilizzata, mentre per la formulazione delle raccomandazioni i comitati promotori di linee guida nazionali dovranno poi tenere conto di altri aspetti che possono variare tra i diversi paesi, quali la disponibilità di un certo intervento e i costi.

 
     
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